29 agosto 2014

LEVITAZIONE SONORA - COSI FURONO COSTRUITE LE ANTICHE STRUTTURE MEGALITICHE?

Nel libro The Lost Techniques (traduzione dal titolo originale di Försvunnen Teknik), Henry Kjellson (1891-1962: era un ingegnere svedese costruttore d’aeroplani) raccontò la strabiliante esperienza di un medico svedese suo amico, il Dr. Jarl, il quale ebbe il privilegio di soggiornare in un lamastero tibetano, ospite di un alto Lama con cui aveva studiato molti anni prima a Oxford. Il Dr. Jarl ebbe così la possibilità unica d’imparare molte più cose di qualunque altro straniero, su certe “misteriose” conoscenze dei monaci tibetani… Riuscì infatti a documentare e filmare come essi riuscissero a sollevare dei massi pesantissimi e a spostarli a 250 m d’altezza, usando unicamente la levitazione acustica.

Vide con i suoi occhi un fenomeno che per le leggi fisiche note non poteva esistere: dei monaci suonavano diversi e specifici strumenti musicali al cui suono grosse pietre di peso diverso si sollevavano dal suolo e raggiungevano un’altura a 250 m più in alto dove, con l’aiuto di alcuni yacks, altri li ricevevano e li sistemavano. Bruce Cathie, a sua volta, descrisse l’esperienza del Dr. Jarl nel libro The Bridge to Infinity. Ecco una sintesi della descrizione del procedimento descritto nel libro di Kjellson: I monaci, con 19 strumenti musicali – 13 tamburi e 5 trombe – si sistemavano a formare un arco di 90 gradi (Fig 3) davanti al blocco di pietra.

Gli strumenti avevano le seguenti misure:
8 tamburi misuravano 1 m di diametro x 1,5 m di profondità x 3mm di foglia d’acciaio e pesavano 150 Kg
4 tamburi misuravano 0,7 m di diametro x 1 m di profondità
1 tamburo misurava 0,2 m di diametro x 0,3 m di profondità
Tutte le trombe misuravano 3,12 m x 0,3 m

I tamburi erano tutti aperti sul fondo, montati su pali e rivolti verso i macigni; venivano suonati dai monaci che usavano grandi bastoni in cuoio.
Dietro ogni strumento c’era una fila di monaci che cantavano e suonavano gli strumenti musicali per la durata di quattro minuti.
Appena il suono raggiungeva un certo livello, la grande pietra che avevano davanti si sollevava in aria e iniziava a dirigersi verso la rupe sovrastante, dove degli altri monaci l’avrebbero guidata verso il punto della sistemazione definitiva. La traiettoria durava circa tre minuti e i monaci, dopo il completamento dell’operazione, passavano al trasferimento della pietra successiva, procedendo al ritmo di 5 o 6 ogni ora. Ci fu una volta in cui una pietra si spaccò, a dimostrazione che la forza sonica può essere anche pericolosa e causare distruzione…
Per sollevare un blocco di granito a 250 m d’altezza, ci vuole normalmente un grande sforzo e quindi un’enorme quantità d’energia, in quanto il suo peso specifico è di 2.500-3.000 Kg per m3.
Se ipotizziamo un peso di 2.750 Kg per m3, i macigni di 1,5 m3 dovevano pesare oltre 4 t, e di conseguenza per sollevare a 250 m d’altezza un blocco di 4 t dovrebbero servire circa 1.000 t di sforzo (4 t X 250 m = 1.000 t). Accurati calcoli (che hanno considerato la relazione tra peso, sforzo, misure, distanza e tempo) hanno dimostrato invece che, durante quei 3 minuti, sono stati utilizzati solo 52 kw…
L’analisi delle misure geometriche del processo di levitazione analizzate dal Dr. Jarl in Tibet, dimostrano che le distanze sono relative alla velocità della luce e ad altri fenomeni di risonanza terrestre.
I monaci stavano evidentemente sfruttando un’enorme fonte d’energia sconosciuta, per far levitare gli enormi blocchi di pietra, a meno che la gravità richieda meno forza d quanto crediamo. Ma poiché in quest’ipotesi ci sarebbe comunque la prova che non ne abbiamo ancora compreso i princìpi, la scienza ufficiale fece in modo di togliere di mezzo i due filmati della levitazione ripresi dal Dr. Jarl, che furono ufficialmente confiscati e secretati dalla società inglese per cui lavorava (e benché siano stati “liberati” nel 1990, sembrano essersi “volatilizzati”).
Negli anni ‘60 Henry Kjellson si guadagnò la reputazione d’essere una specie di Erich von Däniken svedese. Nel suo libro Sju nätter på Cheopspyramidens topp (Seven nights on the crest of the Great Pyramid) descrisse come riuscì a comunicare col suo Spirito Guida in cima alla piramide usando la “Tecnica di respiro tibetana”, scoprendo che 30.000 anni fa le piramidi venivano usate come laboratori o reattori nucleari…
Recentemente però è accaduto qualcosa che confermerebbe questa antica scienza. Aalcuni scienziati cinesi hanno “scoperto” la levitazione mediante il suono, e cioè quella dei monaci tibetani. A Xi’an, nella Northwestern Polytechnic University, alcuni ricercatori sono infatti riusciti a sollevare piccole sfere di iridio e di mercurio (le sostanze chimiche più pesanti finora conosciute), usando esclusivamente gli ultrasuoni. C’è da chiedersi se il fatto che il Tibet sia stato occupato dalla Cina nel 1950, possa essere una mera coincidenza, o piuttosto la dimostrazione che i cinesi sono riusciti ad appropriarsi di qualche antico segreto tibetano…
I tibetani, comunque, non furono gli unici a conoscere anticamente la levitazione acustica. Secondo alcune leggende arabe giunte fino a noi, “gli antichi Egizi facevano volare le pietre, spostandole con il pensiero e con il suono”[1], lasciando intendere che avrebbero potuto usare questo sistema per costruire le piramidi.
E d’altra parte i sacerdoti egizi erano depositari delle “Parole del Potere” insegnate dal dio Thot: se venivano pronunciate e intonate correttamente, le Parole del Potere avrebbero prodotto determinati risultati…
Le Parole del Potere producevano dunque un modello tridimensionale in risonanza con l’etere, provocando un effetto desiderato o un’energia.
La Pietra di Shivapur

Ma forse la più interessante testimonianza della levitazione, ereditata da un lontano passato, è ancor oggi presente nel villaggio indiano di Shivapur, nel cortile all’esterno della moschea dedicata al Santo Sufi Qamar Alì Dervish, c’è una pietra cilindrica di oltre 60 Kg. Ogni giorno, durante la preghiera, undici fedeli la circondano mettendisi a ripetere il nome del santo fino a raggiungere una certa intensità acustica: a quel punto, gli undici uomini sollevano la pietra usando un solo dito ciascuno e poi, appena terminano la litania, fanno tutti un rapido balzo all’indietro, per evitare d’essere colpiti dalla pietra che a quel punto ricade a terra a peso mortoA Bijbihara, a sud di Srinagar, la capitale del Kashmir, è custodita da tempo immemorabile la “Saing-i-Musa” (letteralmente: Pietra di Mosè), detta anche Ka Ka Pal. Si tratta di un “sasso” di 49 chili. Anche in questo caso, se undici persone mettono contemporaneamente un dito sulla base del macigno ripetendo una particolare cantilena (ka ka ka ka), la pietra si solleva da sola. Con un numero diverso di persone, non funziona. Secondo la leggenda, questa pietra simbolizza le undici tribù d’Israele – rimaste dopo che ne fu diseredata una, quella di Levi.E nell’ambito della levitazione in campo spirituale, è forse ancor più misteriosa quella meditativa, cioè quella ottenuta dai fachiri indiani e dagli stregoni africani – in grado di sollevarsi dal suolo e rimanere sospesi per un certo tempo in assoluta immobilità. Dopo aver raggiunto un grado estremo di rilassamento e di distaccamento dal corpo, la mente di un soggetto immerso in tale meditazione riesce a trascendere la forza di gravità, con il risultato che il corpo inizia a fluttuare verso l’alto rimanendo in equilibrio ad una certa distanza da terra. Anche questo tipo di levitazione può considerarsi acustica, perché viene preceduta dalla recitazione di mantra (in India) o di particolari cantilene (in Africa) e mantenuta ad un particolare e costante “accordo” musicale mediante una respirazione “circolare”, adatta a produrre determinate vibrazioni nella mente e nell’etere…Tutti questi fenomeni sovvertono ogni legge fisica conosciuta, lasciandoci intendere che ci sono molte Leggi che sfuggono ancora alla nostra comprensione, benché esistano al di là del fatto che ci crediamo o meno. La levitazione acustica – ovvero l’anti-gravità ottenuta per mezzo del suono – è sicuramente uno dei fenomeni quantici più affascinanti che l’uomo tenta di comprendere, usare e sfruttare.

 Il lavoro di John W. Keely

“L’Universo consiste interamente di onde di movimento” spiega Walter Russell nel capitolo 31 del libro A New Concept of the Universe. In altre parole: “Non esiste nient’altro che vibrazione” Dopo questa affermazione sconcertante, Russell sferra un ulteriore attacco alla credenza ortodossa di un Universo “materiale”: “Qualunque teoria che non sia in grado di trovare un appropriato posto all’interno dell’onda, a causa di ciò non ha nessun altro posto all’interno della Natura”. Parole sicure, dure e senza mezzi termini, ma possono resistere indenni a un esame? È possibile creare il paradigma di una Natura “strutturata interamente in onde” o Teoria della vibrazione? Investigando il lavoro pioneristico e le invenzioni di John Worrel Keely siamo portati a credere che sia davvero così…

Logicamente parlando, perché possa esistere un paradigma di questo tipo bisognerebbe esprimersi interamente in termini e concetti di vibrazioni, evolvendo – lungo tutto il cammino dell’attività umana – da una serie di idee relativamente semplici a quella molto più complessa dei fenomeni atomici e subatomici. Per quanto ritenga che sia possibile farlo, di certo non lo sarà in un articolo breve come questo. Ma poiché un’opinione dovrebbe essere dimostrata, penso che le duemila apparecchiature inventate da Keely – tutte basate su questo principio – abbiano mostrato al mondo, in maniera inconfutabile, che ogni singola vibrazione è connessa con tutte le altre.

John W. Keely passò tutta la vita a studiare la forza cosmica misteriosa liberata dai suoi apparecchi, ottenendo dei risultati che nessuno ha mai saputo replicare; il fondamento delle sue scoperte era la convinzione che le vibrazioni del Cosmo producessero una forma di musica, le cui ottave – opportunamente accordate – potessero liberare un’Energia inesauribile. Scrisse perfino un trattato dove spiegò, definì e ordinò le “40 leggi dell’Armonia”, da lui scoperte, dal quale traspare un Universo non solo “musicale”, ma perfettamente armonico e – di conseguenza – mai caotico…

Le sue invenzioni straordinarie dimostrarono che tutte le cose e le energie sono interconnesse; che ogni cosa è costruita da una semplice vibrazione fino ai più complessi accordi (usando i principi universali della sola vibrazione); che non esiste il Caos nell’Universo; che ogni cosa esiste in virtù dell’armonia tra le vibrazioni che fa che sia ciò che è; che tutte le cose sono intimamente connesse per mezzo della vibrazione simpatica.

Nell’Universo, dagli atomi alle galassie, tutto si trova in uno stato particolare di vibrazione. Anche ogni singola parte del nostro corpo ha una vibrazione che dev’essere armoniosa per mantenerci in salute; le malattie, infatti, si instaurano nel momento in cui viene alterata la frequenza vibratoria naturalmente perfetta di organi, tessuti e cellule di cui è composto il corpo umano. Ci sono anche vibrazioni più o meno armoniose che interagiscono a livello sottile tra corpo, mente e spirito.

In questo sistema perfetto, i suoni hanno un ruolo fondamentale nel corpo umano come in tutto il Cosmo; se una vibrazione può far ammalare o guarire, ma anche rompere un vetro, probabilmente può anche sollevare un peso. E questo dev’essere stato il primo ragionamento che portò lo scienziato americano John Worrell Keely (1827-1898) a sperimentare il modo di sfruttare la risonanza per eliminare la forza di gravità…

Forse era anche a conoscenza del fatto che i lama di alcuni monasteri tibetani riescono a spostare pesanti rocce ad un particolare suono emesso dalle loro trombe. Strana “coincidenza”, che ciò avvenga proprio nei luoghi famosi per le recitazioni dei mantra alla particolare frequenza vibrazionale sintonizzata… con il Cosmo (uno degli argomenti trattati nel mio ultimo libro “Anima Cosmica – 2012: l’ora della Verità”, Melchisedek Edizioni)!
O forse Keely era semplicemente molto dotato intellettualmente e psichicamente, e questo gli aveva consentito di concepire strumenti basati su una forza energetica correlata all’armonia dei centri laya eterici…

Tuttavia, mentre su Nikola Tesla sono stati scritti moltissimi libri, non si parla praticamente mai di John Worrell Keely (i cui studi lo portarono a percorrere dei binari di ricerca non troppo lontani da quelli di Tesla) e oggi egli è praticamente dimenticato. Eppure, le invenzioni di Keely sono tuttora ancor più enigmatiche e controverse di quelle di Tesla, soprattutto per quanto concerne alcuni strani macchianari in grado di sollevare pesanti oggetti senza alcun intervento di forza fisica o meccanica. Tra l’altro, la maggior parte degli schemi e dei diagrammi sono scomparsi e i macchinari stessi furono quasi tutti distrutti dal suo inventore, che morì in povertà.

 Reinvenzione di un’antica scienza

Keely fu un vero pioniere nella trasformazione dell’acqua in idrogeno e ossigeno – senza calore o elettricità – e riportò, un secolo fa, imprese così straordinarie che la scienza di oggi non è ancora in grado di replicare. Per mettere in moto i suoi macchinari, lavorò con il suono e altri tipi di vibrazioni e di onde. Il principio fondamentale era la risonanza, o vibrazione per simpatia.

Per liberare le molecole d’energia dall’acqua, ad esempio, Keely versava un quarto di litro d’acqua in un cilindro – all’interno del quale una specie di diapason emetteva un particolare suono – vibrando così all’esatta frequenza per liberare l’energia. C’è da chiedersi se in questo modo rompesse – separandole – le molecole d’acqua, liberando l’idrogeno, o se liberasse piuttosto una più primaria forma di Energia!

Qual’era la forma di Energia in grado di far funzionare le sue invenzioni? Si parlò perfino del Vril, la misteriosa forza cosmica cercata invano da Hitler, in grado di distruggere – in mani sbagliate – anche l’intero pianeta.

Forse l’ambiente esoterico che Keely frequentava al suo tempo poté in qualche modo influire sulle sue intuizioni o sul suo lavoro.

Kelly mise a punto migliaia di apparecchiature, una più incredibile dell’altra e tutte basate sul principio della vibrazione per simpatia. Keely fu in grado di far restare a galla nell’acqua una sfera metallica di un chilo o di farla sollevare nell’aria solo mediante il suono emesso da un corno, così come di farla affondare o cadere emettendo una nota differente. Ma l’apparecchio che riassumeva tutte le caratteristiche degli altri, e che gli valse importanti sovvenzioni, fu il “Liberatore”, uno strumento in grado di liberare “forza eterica”, e che subì svariate modifiche per adattarsi alle più diverse applicazioni; il primo esemplare, costruito nel 1872, pesava oltre 22 tonnellate.

Nikola Tesla, Jules Verne e Tomas Edison furono sono alcuni dei testimoni della genialità di Keely, la cui fama spinse alcuni finanzieri a investire ben cinque milioni di dollari. Infatti, nel 1874, John Worrell Keely, insieme ad alcuni industriali di Philadelphia, fondò la Keely Motor Company, nata per la ricerca, la costruzione, la manifattura e il marketing del Keely Motor, un motore concepito e disegnato sui principi della vibrazione e delle forze latenti liberate durante l’implosione dell’acqua.

Nel 1878 riuscì anche a ridurre moltissimo le dimensioni del “Liberatore” (che passò così da 22 a 3 tonnellate), e col tempo arrivò a costruirne uno della dimensione d’una scatola di fiammiferi e un altro in grado di disintegrare il quarzo, vale a dire la roccia più dura al mondo…

La cosa fondamentale per il funzionamento delle sue invenzioni, al di là delle caratteristiche tecniche, era riuscire preventivamente a fissare l’accordo di massa, vale a dire: intonare le vibrazioni dell’apparecchio usato in quel momento, quelle delle persone presenti, degli oggetti della stanza, della stanza stessa… in modo che vibrassero tutti alla stessa ottava. Per questo scopo era necessaria una meticolosa preparazione prima di ogni esperimento: bisognava accordare tutto in modo che venisse prodotta “una” nota, solo quella!

 Una propulsione antigravità

John Worrel Keely aveva inventato anche un sistema di propulsione basato su un vapore “polare” ricavato dall’acqua fredda e dall’aria… completamente diverso da quello “caldo”, e molto più economico.

Nella primavera del 1890 riuscì a far alzare un modellino metallico di astronave del peso di 3 Kg. Keely affermava che eccitando la massa metallica d’una cabina volante di qualunque peso, questa può essere sospesa e propulsa grazie all’attrazione vibratoria negativa sviluppata, tenendola in “simpatia” con il vapore polare della Terra. Spiegava che bisognava trovare la connessione simpatica tra etere luminoso (o vapori del cielo), e vapori radianti (o terrestri) che, attraverso la loro interazione (tensioni solari contro condensazioni terrestri), causano la corrente polare e i fenomeni di questo genere.

Un giorno, mentre stava usando la cosiddetta “attrazione simpatica negativa” per far funzionare un macchinario, sperimentò per la navigazione aerea un’altra forza, un’“opposizione” all’“attrazione simpatica negativa” – pensando che poteva trattarsi della stessa forza che regola lo scostamento dei pianeti uno dall’altro. Secondo Keely, infatti, tale fenomeno poteva derivare probabilmente da semplice propulsione polare, benché l’avesse definito in altre occasioni come gravità.

Per spiegare questo concetto, dichiarò: “Il potere della propulsione terrestre e dell’attrazione celeste è di salire, mentre quello della propulsione celeste e dell’attrazione terrestre è di scendere. Certe vibrazioni polari o antipolari possono intensificare una o l’altra di queste qualità in modo da provocare il predominio di una delle due. Intensificare quella celeste causerà il sollevamento della massa metallica con una velocità proporzionale alla concentrazione della portata dominante sulle “terze” negative dei suoi accordi di massa, determinando così l’alta radiazione neutra insieme all’attrazione celeste. Un’astronave del peso di qualunque numero di tonnellate potrà, quando il mio sistema sarà completato, fluttuare nello spazio con un movimento lieve come una piuma o con la velocità di un ciclone. Con la forza del bombardamento corpuscolare i suoi movimenti potranno variare secondo il necessario per uso commerciale, ad ogni altezza desiderata e ad ogni velocità”.

I suoi arcani meccanismi – dotati di sfere metalliche (composte da oro-argento-platino), corni in ottone, canne d’organo e fili (che potevano essere dello stesso metallo delle sfere, o anche solo in seta) – furono visti funzionare dai numerosi spettatori intervenuti a molti espirimenti, e studiati senza successo dai suoi contemporanei… che volevano scoprire qualche frode da parte dello scienziato. Ma nessuno seppe mai spiegarsi quale fenomeno facesse sollevare le sfere al suono di una sola (ma specifica) nota.

A volte era un fischio, altre volte il suono cupo di un corno… e questi suoni liberavano una forza straordinaria in grado di polverizzare o sollevare una roccia.

E fu proprio l’apparecchio in grado di disintegrare la roccia a determinare in qualche modo la fine della carriera di questo geniale inventore, peraltro molto sfortunato economicamente. Dopo anni di altalenante fortuna in un mercato ostile a idee come quelle di Keely – durante i quali finì anche sull’orlo del fallimento – e dopo aver ottenuto i finanziamenti per costruire uno strumento che avrebbe cambiato l’industria mineraria, entrò in conflitto con i suoi stessi sponsor, ai quali rifiutò di rivelare il segreto della misteriosa Energia da lui scoperta e impiegata. In un momento di collera, distrusse quasi tutte le sue invenzioni e gli schemi di costruzione, preferendo eclissarsi.

Le sue macchine, attualmente, funzionerebbero ancora? Che fine hanno fatto? Mistero. E anche la loro forza motrice, influenzata dall’esoterismo, rimane avvolta nel mistero. I documenti che potrebbero rispondere a questi quesiti sono andati incredibilmente persi, insieme ai disegni e agli schemi che permetterebbero di replicare i suoi macchinari.


 Parallelismi con gli antichi

Parlando delle intuizioni che portarono John Worrel Keely a sfruttare un’Energia inesauribile (oltre che pulita e gratuita) grazie alle vibrazioni, non possiamo tuttavia evitare di ripensare alle affermazioni dell’ingegnere americano Christopher Dunn a proposito delle caratteristiche acustiche rilevate all’interno della Grande Piramide di Giza, e alla vera funzione della Piramide stessa, che sarebbe stata, secondo lui, un generatore di idrogeno (per non parlare dei riscontri di trivellazioni eseguite con tecniche sonar nella diorite e nel marmo, che non lasciano il benché minimo dubbio sul tipo di strumentazione usata dai costruttori della Grande Piramide)…

Non possiamo poi non pensare alla Frequenza Shuman, ossia alla frequenza base della vibrazione terrestre, che potrebbe essere collegata alla Grande Piramide (in grado forse di impedire l’inversione dei Poli nel momento in cui la Terra raggiungesse il “Punto Zero”, ossia si fermasse) e alle tracce lasciate [nella Grande Piramide] dall’acqua nella Grotta sotterranea o del Caos, evidenze di una qualche attività “meccanica” di produzione di energia, del resto presente anche nella parte superiore dello Djed (o Zed) sapientemente “murato” all’interno della Piramide, per non liberare all’esterno l’energia prodotta. Una forza terribile, se messa in mani sbagliate. Era dunque davvero il Mash-Mak, la “miscela” energetica retaggio di quella razza “divina” sopravvissuta in parte in Egitto?

Il cerchio si chiude, ma l’enigma rimane irrisolto.


di Daniela Bortoluzzi


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3 commenti:

Alberto ha detto...

SUPER INTERESSANTE!!!!!!....e chissà,all'alba dei tempi,chi ha insegnato agli egizi e ai monaci tibetani queste tecniche....(ironico...��)

Noi e gli Extraterrestri ha detto...

Forse gli esseri stellari? sicuramente questa conoscenza non era umana.

Alberto ha detto...

...io ne sono CONVINTISSIMO!!!!!

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